O meglio, sulla pericolosità dell’ambizione, quando è smodata.
Quando getta un artista giovane e talentuoso – che proprio perché è giovane ed entusiasta crede di avere diritto a tutto e subito – nelle braccia di “cattivi maestri”.
Il cattivo maestro in questo caso è Sergio Rubini, nelle vesti del professore Pietro Lulli, affermato e spietato critico d’arte, nel suo ultimo film da regista Colpo d’occhio, in questo giorni nelle sale.
L’artista – si è scelto uno scultore, spiega Rubini, perché la tridimensionalità di quest’arte ha una resa migliore nel grande schermo, rispetto alla pittura invece, piatta – è un Riccardo Scamarcio bello e tenebroso, che si dichiara soddisfatto di avere finalmente interpretato un ruolo complesso, ambiguo.
Tra i due, anzi a far incontrare i due, una bellissima Vittoria Puccini, che da allieva-compagna del critico d’arte diventerà già dalle prime scene amante-musa-donna del giovane Adrian.
Tre personaggi che potrebbero essere tre aspetti di una stessa persona, perché incarnano pulsioni diverse dell’animo umano.
In questo triangolo amoroso l’arte non è la primadonna, ma solo lo scenario per raccontare come l’uomo reagisce al successo, non quello volgare, ma il successo come affermazione del proprio essere, cui tutti gli uomini, secondo Rubini, ambiscono, per dare un senso e una ragione alla propria esistenza.
Un ruolo da cattivo – spiega – lui che nella vita cattivo non è, che gli permette di esplorare territori sconosciuti del suo stesso io.
La dualità è il grande leit motiv del film.
Dualità del personaggio di Gloria, “un’eroina tragica” che racchiude insieme debolezza e forza, razionalità e intuito e che, percepito il pericolo, cerca di fare di tutto perché l’artista non venda l’anima al diavolo.
Dualità della coppia critico-artista, che ben rappresenta il rapporto dell’uomo con la propria ombra: la ragione del professore che può essere spietata perché progettuale, contrapposta all’istinto dell’artista, alla sua capacità di commuoversi e di sorprendersi davanti alla vita.
Una sensibilità che potrebbe essere la sua ancora di salvezza. E l’amore in tutto questo? “L’amore è perso”, per dirlo con le parole di Riccardo Scamarcio, “esce sconfitto dal film, perché tutti perdono.”
Katia Grancara
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